domenica 28 luglio 2013

Un pensiero di Martina Novelli


L’Impero dei sensi di colpa è lo spettacolo messo in scena dalla Compagnia Teatrale Electra che, per la prima volta dopo sedici anni, ripropone sulle scene uno dei lavori teatrali più interessanti del regista, scrittore e attore romano Duccio Camerini.
Plasmato e rimodellato dalla mano del regista Giuseppe Tesi e portato innanzi al pubblico dagli attori Priscilla Baldini (Amelia), Henry Bartolini (Tiberio) e Alessandro Paiano (Jeff), questo testo del 1997 delinea la vicenda di tre personaggi le cui vite si intrecciano in maniera inestricabile e tale da rendere impossibile il ricomporsi dei pezzi che, in un primo tempo, li avevano connotati.
Così Amelia è una giovane donna che si sente ormai soffocata e come già incanalata in una vita che segue binari ben precisi e ineluttabilmente tracciati: fin da subito si comincia ad assistere a quella che può essere definita come una vera e propria ribellione per liberarsi da un’esistenza che sembra essere segnata dall’inesorabile e imperturbabile scorrere della vita a soli ventisette anni. È la storia di “ex-amore” con Tiberio a non darle più quel brivido che la farebbe sentire viva, frizzante, come la sonora vocalità dell’attrice che calca quasi con grintosa rabbia le battute che la vedono scagliarsi contro il lento e sempre uguale scorrere degli eventi. L’occasione che scatena il divenire di tutta la vicenda è lo sfratto dall’abitazione i due protagonisti condividono a causa del ritrovamento di un ordigno risalente alla seconda guerra mondiale: Amelia e Tiberio si separano, andando provvisoriamente ad abitare rispettivamente da un’amica e da un giovane studente a cui Tiberio aveva impartito lezioni di greco e latino per porre un’argine alla sua disperata situazione economica.
In un’altra zona della città, dove magari nessuno la conosce, Amelia acquista una videocassetta pornografica e finisce per rimanere affascinata dal suo attore protagonista, che si fa chiamare Jeff.
È lui la sua ribellione, vissuta però non senza un grave carico di sensi di colpa. In questo senso, la scenografia stessa voluta dal regista Giuseppe Tesi, caratterizzata dalla presenza di tre pannelli posti parallamente l’uno vicino all’altro, rappresenta bene la volontà di non voler disvelare fino in fondo la reale condizione dei protagonisti. Come la scena, talvolta, rimane parzialmente nascosta all’occhio dello spettatore, così l’agire dei protagonisti rimane spesso celato ad altri, financo a loro stessi. Quando Amelia va alla ricerca di Jeff, forse non sa che ciò che sta per accadere sconvolgerà per sempre le vite di tutti e tre: lei si sente viva, di nuovo aperta ai sentimenti e al turbine vorticoso dell’amore.
E proprio come all’interno di un vortice, lo spettatore è convogliato verso il pieno esplicitarsi della vicenda, che avviene nella trattoria dove Amelia si reca con Tiberio appositamente per incontrare l’uomo che ormai si trova al centro dei desideri: Amelia e Tiberio si erano amati, il loro sentimento era esistito, era stato vero, il loro primo incontro, dovuto a un banale scambio di valigie, li aveva davvero coinvolti facendo loro scoprire quanto fossero reciprocamente presi l’uno dall’altra. L’attenzione si sofferma in modo significativo sull’identicità dei loro bagagli e, addirittura, sulla similarità del loro contenuto ma, come afferma la stessa Amelia in una battuta pronunciata fra lo struggente e la presa d’atto di una realtà ormai cambiata, “due valigie non possono rimanere uguali per sempre”.
La fine di una storia d’amore segna così l’inizio di una possibile altra storia, forse più appassionante, forse più bella, forse vissuta con più entusiasmo, ma proprio quando ad Amelia si dischiudono le porte di un mondo nuovo, di una realtà altra, ecco che le cose non funzionano più come si vorrebbe: “Con gli occhi si promettono cose che poi non si possono mantenere”. Tiberio, preso dalla gelosia nei confronti di Jeff, inizia a somministrarsi a stancanti sedute di addominali per rafforzare la sua fisicità, ma nello stesso tempo, Amelia lo torna a cercare nei regali che fa a Jeff, quali, ad esempio, libri impegnati, biglietti per opere teatrali…
I pezzi si sono decomposti, e ora è impossibile tornare a incollarli.
Il testo di Duccio Camerini, dunque, ripreso dal regista Giuseppe Tesi, torna a proporre all’occhio e all’orecchio del pubblico uno spaccato di vita vera, reale, totalmente priva di disincanto, a tratti brutale e, proprio come lo è la vita, brutalmente ironica nel suo groviglio di passione, sentimenti e sensi di colpa.