Priscilla Baldini e Andrea Gonfiantini sono convincenti nel dare spessore drammatico ai loro personaggi creando un contrasto tra l’indolenza interiore e la violenza esteriore dei comportamenti: lui la picchia, ma lei sembra non percepire i maltrattamenti, e lui in fin dei conti alza le mani come se fossero gesti normali, quotidiani. Una vaga atmosfera sadomaso aleggia non solo nei comportamenti, ma anche nei colori, luci e nei costumi dello spettacolo. E quando Francesco si spoglia, mostra un corpo tatuato come se il martirio fisico e psicologico lasciasse su di lui dei segni indelebili.
La regia di Giuseppe Tesi è, omen nomen, tesa, pulita, concentrata su movimenti mai troppo astratti, ma al tempo stesso mai eccessivamente realistici, con tempi giusti dettati dal testo incalzante, sempre sorprendente e spiazzante, mai ovvio anche se si tratta di un paradosso del “quotidiano”. Invece gli “a parte” al microfono di matrice letteraria, narrativa, mi convincono meno, sono piuttosto citazioni o inserti con cui si vuole dimostrare il rapporto dialettico tra letteratura e teatro nell’opera della Ginzburg, come del resto ho fatto nella prima parte di questo articolo. La commedia, anzi il dramma è un gioiello teatrale dai tempi perfetti da giocarsi, come in gran parte ha fatto molto bene Tesi, intorno al lettone matrimoniale: non necessita di una parola in più né di una in meno. E tantomeno di sovrastrutture.
Enrico Bernard